Ieri ho scoperto che tagliarsi un dito con un coltello, quando ciò che si voleva affettare era dell’innocuo formaggio, viene catalogato come “incidente domestico” nelle schede del pronto soccorso. Sono molto fiscali su questo punto: ti chiedono almeno tre volte se ti sei fatto male sul lavoro o no. Il pollice poi viene chiamato “primo dito della mano”: speriamo che sappiano tutti che si inizia a contare dal pollice e non dal mignolo.
Una volta entrati nel pronto soccorso, la signorina dell’accettazione, molto gentile e disponibile, ti indica i sedili della sala d’aspetto: ad ogni persona, ho scoperto, viene associato un codice che va dal bianco (inezia) al rosso (cosa molto grave). Visto il numero limitato di medici, è ovvio che le visite ai “codici bianchi” vengano ritardate per far passare avanti i “codici rossi”. Però, dico io, a tutto c’è un limite: se fai passare sempre avanti gli altri causi quel fenomeno che in informatica è noto col nome di “starvation”.
Conosco già le obiezioni dei critici: “ma scusa, secondo te dobbiamo far morire la gente perché tu, che hai solo un pollice sanguinante, non puoi aspettare quattro ore (dalle 6 alle 10 di sera) in una sala d’attesa al pronto soccorso?”. Bhè, certo che no, ovviamente. D’altro canto c’è da riflettere sul fatto che “pronto soccorso” è formata da due parole e la prima è, per l’appunto, “pronto”. Chiaro se c’è gente che muore è giusto che ti passi davanti, ma è altrettanto giusto prendere atto del fatto che, se l’attesa media è di tre ore, qualcosa che non va nel sistema c’è.
Ma i medici non se la passano meglio eh. Mentre ero proprio in ambulatorio ad aspettare che la dottoressa finisse di battere la mia scheda nel computer, infatti, entra un altro camice bianco il quale sbotta un po’ nervoso che non ce la fa più, che ha già avuto tre codici gialli di fila, che nella sala d’aspetto ci sono altre 16 persone, che da soli non possono gestire tutto e che occorrerebbe altro personale. La dottoressa gli da ragione sospirando. Forse è questa la ragione per la quale ha iniziato a ricucirmi il pollice immediatamente dopo l’anestesia.
Da bravo “italiano medio” decido di provare una cosa: “ehm mi scusi, ma non dovrei stare a casa un paio di giorni? Sa lavorando col computer un pollice fuori uso non è proprio il massimo.” Risposta: “ma nooo, si figuri non c’è problema, starà benone!”. Bhè aveva ragione naturamente, visto che riesco addirittura a bloggare 🙂
Ma tutto è bene quello che finisce bene: alle 10 e 30 sono finalmente a casa e il dito non me lo sento più: decisamente l’anestesia ha iniziato a fare effetto…